mercoledì 4 giugno 2008

Vetro Soffiato

Nell'isola di Murano, poco distante da Venezia, negli anni quaranta, un bambino di otto anni per voglia o per forza entra in una fornace per iniziare a lavorare (cosa comune in quegli anni), fino a diventarvi maestro vetraio.
Questo maestro vetraio, potrebbe fare tutto quello che fanno gli altri artigiani, lampadari, Vasi, Cavalli ecc... ma lui, non si accontenta di essere solo un bravo artigiano, lui vuole passare quel confine che separa l'artigiano dall'artista.
Il nostro artista, fa rivivere antiche civiltà, tramite la sua arte ricreando quegli ornamenti che furono dei Greci, dei Romani e dei Fenici.
Il nostro maestro vetraio, inconsapevolmente, ha raggiunto l'immortalità, perché la vera immortalità, non risiede nel preservare nel tempo il proprio corpo, ma nel preservare il proprio ricordo e le proprie opere nelle menti degli altri.
“VETRO SOFFIATO”

Infuocato,
al pari delle viscere dell’Ade,
vetro fuso,
come rossa pastura ardente,
dentro a dei crogioli bolle.

Lanciando in aria
chiare scintille,
irrorandolo di una
sinistra luce,
apparir lo fa
un minuscolo e
fiammeggiante lago.

Il maestro vetraio
al pari d’un arcano dio,
immergendo una lunga canna,
estrae da quell’orrido lago la
scarlatta melma.

Come se dovesse portare
in salvo la bella Euridice,
stando attento a non
peccar d’impellenza
come l’impaziente Orfeo.

Appena fuori da
quel ristretto Ade,
quasi beffeggiando
la scura Persefone
come se vi alitasse la vita,
soffiando attraverso
quella lunga canna,
plasma luccicanti
ed eteree forme.

Infine con la fronte imperlata
dal sudore,
contempla felice la sua
creazione,
sapendo che
da quell’immaginario
inferno non è uscito
un terribile demone
ma candido angelo.

(Dedicata alla memoria del maestro vetraio Paolo ROSSI.)

Gaetano GULISANO
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