martedì 20 settembre 2011

Dieci,cento,mille...

Solitamente accompagno con delle immagini ciò che scrivo, poesie (o presunte tali) o racconti. Ma questa volta, non voglio allegare nessuna immagine. Avrei potuto allegare immagini dei cortei che scandivano quell'infamante slogan, oppure le foto di quei ragazzi uccisi almeno due volte: prima dall'esplosivo e poi dalla devastazione ancor più letale delle parole.
Le parole dei ben pensanti che anelano la morte nascosti da una bandiera arcobaleno.

Io, con questi pochi versi vi voglio solo ricordare e ringraziare per il vostro eroismo.



Dieci, cento, mille…

Dieci, cento, mille…
Non oso continuare.
Infamia l’infamare
bandiere d’amare,
mentre l’amore
è lacrima da versare.

Dieci cento mille…
Quanto vorrei dire,
abbracciare dieci eroi
e ripudiare piazze d’infami.

Vigliacchi
nascosti dietro altre bandiere.
Bandiere da bruciare,
bandiere da baciare
bandiere dove avvolgere
la propria vigliaccheria.

Dieci cento mile…
Nelle orecchie risuona
quell’infamia,
nella testa picchia forte
quell’orrore,
nell’anima squarcia
quell’eco di violenza.

Quella violenza di parole
dei ben pensanti
che falsamente anelano pace
che continuano ad uccidere
oltre la morte.

Gaetano Gulisano.


venerdì 24 giugno 2011

Estate 1983

(foto da web)

Estate 1983


Erano quasi vent’anni che Gaetano non tornava più a Catania, e forse ne sarebbero passati altrettanti, se non fosse stato per risolvere alcune grane per un’eredità di un’immobile che non era riuscito a risolvere, nonostante avesse incaricato un legale. Il comandante dell’aereo, con una voce gracchiante prima in inglese, poi in tedesco ed in fine un italiano ancora più incomprensibile delle prime due lingue sconosciute, aveva annunciato che stava iniziando l’avvicinamento all’aeroporto Fontanarossa di Catania. Gaetano quasi istintivamente allungo la testa verso il finestrino per cercare di scorge al suolo, ma ancora erano troppo in alto e si vedeva solo il bianco delle nuvole. Ma quello che cercava di vedere Gaetano, se lo portava dentro e nonostante continuasse fissare il bianco delle nuvole, riusciva a vedere l’azzurro del mare, la sabbia dorata e i due enormi fanali che capeggiavano al lido CLED. Lo stabilimento balneare sul lungo mare di Catania, dove aveva passato i momenti più belli che riuscisse a ricordare, non tanto per la bellezza di quei momenti in se ma forse, perché all’epoca, non aveva ancora compiuto i vent’anni, non aveva ancora prestato servizio militare, (perché ancora nell’83 era obbligatorio il servizio di leva.) e naturalmente, ogni problema in quegl’anni veniva rimandato a dopo il servizio di leva la cosiddetta Naja. Quello stabilimento era particolare già dal nome infatti “CLED” erano le iniziali dei figli del proprietario un avvocato del foro di Catania,un tipo al quanto bizzarro ma non una cattiva persona. Ma la cosa che rendeva veramente speciale quegli anni arano gli amici: c’era Orazio, senza ombra di dubbio il classico amico del cuore. Abitava nell’appartamento sopra quello di Gaetano, praticamente se non si può dire che erano nati assieme senza ombra di dubbio quei due erano cresciuti insieme. Poi c’era Maurizio, lui abitava in una via vicina, una strada senza sbocco dove le automobili che transitavano erano solo quelli dei residenti e naturalmente, tutti noi ragazzini della zona ci eravamo appropriati di quella via facendola diventare il nostro campo da calcio personale.
Gaetano, fu ridestato da quei pensieri dallo gracchiare dell’altoparlante sopra il sedile che, annunciava di allacciare le cinture di sicurezza e di chiudere i il tavolinetto situato nella poltrona del passeggero anteriore. Quest’ultima indicazione, non destò nessuna preoccupazione anche perche a causa di un incidente in moto occorsogli anni prima, era rimasto con la gamba destra totalmente anchilosata in estensione e a causa di questo, a bordo dell’aeromobile occupava il primo posto quindi non aveva nessuna poltrona davanti.
Non passò molto tempo che la discesa iniziò a farsi sentire anche nello stomaco di Gaetano, per ovviare a quel lieve senso di fastidio che la discesa gli procurava, volse lo sguardo fuori dal finestrino. Le nubi bianche cominciavano a diradarsi per lasciare il posto alla vetta imbiancata dell’Etna. Nonostante fosse già luglio inoltrato, la neve occupava un insolitamente un ampio costone del vulcano. Man mano che si scendeva si intravedeva la bianca spuma delle onde del mare infrangersi sulla bionda rena ed eccoli lì, come due carabinieri di guardia alla caserma i due fari del lido CLED. L’atterraggio era imminente ma mentre la pancia dell’aeromobile di apprestava a sorvolare la spiaggia, nella mente di Gaetano il tempo iniziava a tornare repentinamente indietro per fermarsi all’83. Gaetano, ormai con i suoi pensieri non era più su quell’aereo ma a cavalcioni del sedile posteriore di una vespa 50 special comunemente chiamato vespino. Il vespino del suo inseparabile amico Orazio. Era una domenica ed entrambi non lavoravano; come al solito Orazio era andato a svegliare Gaetano che non riusciva mai ad essere puntuale nonostante i vari richiami di sua madre che lo riprendeva spesso per la sua scarsa propensione alla puntualità. Orazio era ormai abituato ai puntuali ritardi e non ci faceva più caso. Poco Dopo, con Orazio alla guida e Gaetano sul sellino posteriore si trovarono a zigzagare tra gli automobilisti in coda che istericamente strombazzavano tra il sudore e le imprecazione lungo il viale Kennedy, il viale del lungomare di Catania dove si trovavano i vari stabilimenti balneari e tra questi il famoso lido CLED. Solitamente, all’interno del parcheggio del lido i due ragazzi trovavano l’avvocato (il proprietario del lido) che controllava, come se questi fosse preoccupato perché ancora non fossero arrivati. Ma la cosa che rese particolare quell’anno, fu il torneo di “tamburelli” una specie di “beach volley” con i tamburelli. Gaetano non era per nulla bravo a giocare con i tamburelli, come d'altronde non lo era neppure a calcio; infatti quando si organizzava qualche partita in strada, veniva puntualmente schiaffato in porta, non perché fosse un bravo portiere ma perché quello era l’unico ruolo dove poteva apportare meno danni, almeno sino a quando un avversario non riusciva a fare un tiro nella porta dove era stato piazzato Gaetano e puntualmente faceva goal.
Gaetano, consapevole di non essere un campione e anche in virtù del fatto che si trattava di un doppio misto, si iscrisse al torneo con una ragazza molto carina, ma come gioco faceva apparire Gaetano un gran campione di Tamburelli. Tra i mille difetti di Gaetano un pregio glielo riconoscevano tutti: lo spirito. Naturalmente arrivò ultimo al torneo ma sapendo di non avere speranze, ogni partita era un continuo spettacolo comico inscenato dalla sua consapevole goffaggine e dalla tecnica di gioco non del tutto impeccabile.
Dopo qualche partita si sparse la voce e negli incontri successivi, quando giocava Gaetano vi era un folto pubblico con tifo da stadio e con relativi striscioni. Alla fine del torneo, gli venne assegnata la “targa simpatia” per lo spettacolo cabarettistico che inscenava ad ogni incontro. Talvolta effettuando il servizio prima che l’arbitro fischiasse o esultando ad un punto subito come se fosse stato lui a segnarlo, suscitando l’ilarità del folto pubblico presente per l’occasione. Naturalmente, per la consegna della targa influì moltissimo la pressione sugli organizzatori dell’amico Orazio.
Continuarono quella serata a bordo della vespa di Orazio prima in piazza Umberto davanti ai chioschi brindando con un dissetante bicchiere si selz limone e sale per finire la serata viaggiando per la città senza meta, sopra la mitica ed indimenticabile vespa50 special.
Uno scossone fece sobbalzare Gaetano ridestandolo dai suoi pensieri, il comandante dell’aeromobile informava i passeggeri che erano atterrati a Catania in perfetto orario, che la temperatura esterna era di circa ventotto gradi centigradi ed augurava una Buona permanenza.
Gaetano appena messo i piedi a terra per un istante si guardò in giro sperando di scorgere Orazio con la sua vespa 50 special, poi tornò alla realtà chiamò un taxi e si diresse verso il suo albergo.

Gaetano GULISANO.

domenica 19 giugno 2011

Bastardino?

(foto da web)


Bastardino?

Ti ho amato e mi hai tradito per la calda stagione,
ti ho perdonato ai primi freddi e mi hai bastonato,
ti ho morso per la rabbia che ho provato
per non essere riuscito a farmi amare
e mi hai ucciso.

Ti ringrazio solo
per non avermi abbandonato
ai margini di un autostrada
in balia della fame e della vergogna.

Ma se dovessi rinascere
non importa quante bastonate
riuscirai a darmi,
continuerei ad amarti
perché io sono cane mentre tu sei uomo.

Gaetano Gulisano.



venerdì 8 aprile 2011

Bla,bla,bla...

(foto da web)
Da chi prendere l'esempio da quelli in aula o da quelli in piazza? Dal "civile" scontro in aula o dalla violenza in piazza? L'unica cosa che mi viene da pensare è: che tra l'aula e la piazza l'unica differenza è l'abbigliamento. I parlamentari vestono in giacca e cravatta mentre i manifestanti in Jeans e felpa.
Allora chi sono i cattivi? Ma naturalmente le forze dell'ordine, che se manganellano sono i cattivi e se non lo fanno sono incompetenti. in qualsiasi caso da punire. 



Bla,bla, bla…

Vociare il senso dell’insensato,
idee offese da ideologie
in falsità violente.

I buoni o i cattivi
confusi in unico grido,
turpiloquio denso
di(s)senso forsennato.

L’offeso e l’offensore
due facce, la stessa idea
“Parlamento…”
Bla,bla,bla.

Gaetano GULISANO




venerdì 1 aprile 2011

Primavera

(foto da web)


Primavera

Germogli attendono
sopra pensieri a ciondolo,
aliti di vita errando
spiegano ali di cera
in cerca di sole.

Andirivieni d’ore
a segnare il tempo
inseguono speranze,
bisbiglio di vita
confonde
parole stanche
appoggiate al vento.

Implodono schegge di brezza
conficcandosi nell’anima
profumano i sensi
di nuova vita.

Gaetano Gulisano.



sabato 19 marzo 2011

Rena Bianca

(foto da web)
Rena Bianca è la spiaggia di Santa Teresa di Gallura e “Municca” è la fascia di terra e macchia mediterranea che padroneggia e sorveglia questa stupenda opera della natura



Rena Bianca

Ascolto il vento
che lontano dai miei sensi
agita l’anima.
Percossa la bianca rena
i marosi accoglie.
“Municca” eterno scoglio
vigila il dolce tormento
del perpetuo andare.

Vedo i miei ricordi,
davanti una torre saracena
ultimo stendardo
dei miei pensieri
mentre
una salmastra carezza
si confonde col sapore
della mia lacrima.

Gaetano GULISANO

giovedì 17 marzo 2011

Tricolore

Chissà se saranno solo i leghisti a non festeggiare oggi?

(foto da web)

Tricolore

Per chi come me
ha visto ogni mattina sventolare
quel "telo" tricolore,
per chi come me
ogni pomeriggio ha visto ammainare
quel "telo" tricolore,
per chi non ha mai visto
ne sventolare ne ammainare
quel "telo" tricolore
ma lo porta cucito dentro il cuore.

Per chi come me si commuove :
<<…l’Italia chiamò sì…>>
per chi come me non trattiene le lacrime:
<<…Ho mia patria sì bella e perduta…>>
Per chi ha dato la sua vita
inconsapevole d’essere un eroe
ma pienamente cosciente
d’essere italiano.

Ma non per quelli che oggi
si stingeranno attorno a quel “telo”
dicendo d’amarlo,
dicendo di difenderlo,
gli stessi infami che hanno urlato:
dieci,cento, mille Nassiria
Eppure, anche quelli sono italiani.

Gaetano GULISANO.



domenica 23 gennaio 2011

Gelo



Gelo

Tutto tace
in un’assordante
silenzioso baccano
di vita.

Sotto cristalli
apparentemente statici,
pulsa il cuore dell’inverno
liberando sordi vagiti di gioia.

Immobile e frenetico
il gelo mi scalda l’anima,
invitandomi a percorrere
il suo sentiero per perdermi
nella sua bellezza e ritrovare la vita.

Gaetano GULISANO

mercoledì 12 gennaio 2011

Epifania sui monti



Epifania sui monti

Gelidi diamanti
depositati a spaglio
brillano sotto una luna
che si atteggia a sole.

Cristalli di freddo tepore
illuminano sentieri
imbrogliando la sera
vestendola da giorno.

Sfavillano fuochi
tormentati dal vento,
alimentati da vecchi ricordi
da dimenticare,
controllati da risa e da vin brulé
per salutar la notte.

Gaetano GULISANO.

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