giovedì 3 giugno 2010

Il santo tafferuglio atto II

(foto da web)


ATTO II SCENA I

(Studio del Narratore)

NARRATORE:-

…S’incamminò sconfitto il generale pensando alla disfatta clericale,
con passo lento e con fare mesto, quel luogo or più santo non gli appare.
Guardando il nuovo mondo dei defunti pianeti, cieli, mari e monti,
vangando senza meta ebbe certezza che tutto esiste senza umana forza.

Vagando sconsolato a capo chino vedendo un ombra arrestò il cammino,
però non distingueva la figura curioso superò una radura.
Come fu sopra a un alto promontorio riconoscendolo gridò: “viva Vittorio”.

Il re dal canto suo fu esultante salutandolo con fare riverente,
gli chiese: “oh prode generale, perché non vai al santo casale?”
La Marmora ripensando alla disfatta, disse: “re, siamo trapassati
gli onori sono ormai tempi andati e noi, tapini siam, siamo dannati.”

Vittorio, al quale non sfuggiva nulla,
intese l’accaduto malaffare, disse: “se Pietro con te è stato irriverente,
vuol dir che tu sei stato impertinente!”
Giurando e spergiurando il generale, diceva: “io sono netto per nulla gli mancai rispetto,
anzi, mi presentai con un sorriso ma fuori mi buttò dal paradiso.”

Vittorio nel sentirlo favellare disse: “oh prode generale, ora son qua su non t’avvilire
se in terra la mia arte oratoria era entrata a forza nella storia,
ti dico che nella santa residenza San Pietro non farà più resistenza.
E adesso basta più non aspettare oh mio caro valoroso bersagliere,
se la marcia vogliamo cominciare la strada ora mi devi indicare.”

La Marmora gli indicò la via, marciando come Cadorna a porta Pia,
attraversarono quel luogo divino fino ad arrivare al santo mattino.
Giunti vicino al luogo agognato La Mamora si tenne un passo arretrato,
Vittorio nel vederlo ancor temere disse: “allora questo è il prode generale?
Forse perché non sono incoronato e sono re ormai trapassato,
credi che un portinaio pure se santo contro il re Vittorio possa osar tanto?”

La Marmora, sentendo re Vittorio severo favellar al suo cospetto
disse: “mio re, con tutto il mio rispetto e con l’amore che vi porto in petto,
quel santo portinaio pescatore non sente nessun bravo oratore,
ora vedrete come si comporta e senza indugiar ci metterà alla porta.”

Vittorio, senza farsi intimidire guardò ove dovea pronto bussare,
dal sommo porticato si vedea un lungo e bianco spago floreale.
Tirò il canapo con forza e decisione e San Pietro fu subito la dietro al portone,
guardò curioso dal santo spioncino per vedere chi bussava al mattino.

Riconobbe subito Vittorio Emanuele accompagnato dallo stolto generale,
ma prima che il santo potesse parlare il re incominciò a favellare:
“In questo luogo mi sono affrettato da un mio caro amico accompagnato
perché ormai son uomo trapassato.
In terra re il mio trono ho onorato e adesso umilmente al creatore
il paradiso chiedo con fervore.”

San Pietro, nel sentir quei ragionamenti disse:
“ma non fosti tu che chiudesti i suoi conventi
e ai suoi fedeli servitori li spogliasti di tutti i tesori?
Perciò l’alto con te è contrariato, come pretendi d’essere accettato?
E presentarti qui con quel sorriso, chiedendo per te e per altri il paradiso?”

Il re nel sentir quelle parole,
senza per nulla farsi scoraggiare, disse: “Pietro, stammi bene a sentire,
perché dell’altro tu devi sapere: i conventi e i luoghi santi
che aiutar dovevano le genti, erano templi per i prepotenti.

Dunque, se all’onnipotente io gli mancai rispetto,
 crederete alla parola di un reale, fu certamente contro il mio bramare.”
“Sta bene”, disse il santo portinaio:
“ma che colpa aveva il papa pio IX che lo buttasti giù dal santo trono?
E ogni rifiutar a lui fu vano e lo chiudesti dentro il vaticano?
E poi, tu per niente indugiasti, sul trono maledetto ti adagiasti?
Ed ora, come puoi tu bramare che in paradiso io ti faccia entrare?”

Il re alle parole a lui profferte e senza per niente farsi sgomentare,
subito pronto fu nel replicare:
“Mio caro amico ti voglio confessare, che il papa essendo re ha gran potere
e il potere si sa, fa travisare gli obblighi del santo creatore.
Il popolo vedendo le ricchezze che la chiesa continuava ad ammassare,
a gran voce mi chiedeva con fervore o Roma o morte nostro salvatore.

Perciò, di cosa vengo io accusato se re dal popolo io ero acclamato.
Ho dato a quella gente maltrattata la giusta libertà a lungo agognata.
Allora, non creder ch’io sia petulante, se nuovamente con tutto il rispetto,
ti chiedo con ansia l’eterno letto.”

San Pietro, nel sentirlo favellare disse:
“oh mio caro reale, tu cicerone fosti, e son convinto
che chi chiunque altro né uscirebbe vinto,
ma fino a quando io sono il portiere
in paradiso a voi non vi fo entrare;
ma vi prometto che io vo sentire quello che Pio IX avrà da dire
e come ei saprà a me parlare per potersi al suo cospetto discolpare.”

Vittorio nel sentir quella promessa, chiese se libertà gli sia concessa,
di visitare la santa regione pur restando fuori dal sommo portone.
San Pietro disse: “tutto vi è accordato, ma quando il papa sarà trapassato, tutti in questo luogo tornerete e in attesa qui mi troverete;
che udir io vo con ansia e ardore di come ei si sappia discolpare.”

I due amici presero a viaggiare salutando il santo clericale,
vagando per quel luogo misterioso,
pensando al papa e al santo riposo…

Gaetano Gulisano.

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