lunedì 9 febbraio 2009

L'Alpino del '900


(foto daweb)

Chi non ha mai sentito parlare degli “Alpini”, queste figure quasi mitiche delle montagne. Arrampicati sulle rocce o per i sentieri, ad aiutare e soccorrere dove nessuno sarebbe in grado di arrivare. Essi, sono parte della montagna, sono i “figli delle rupi” e delle montagne ne hanno l’essenza.
La vera montagna, non è luogo fisico ma un luogo arcano nascosto alla vista dei più distratti, di quelli che non sanno né vedere né ascoltare con l’anima.
Molti anni fa (e purtroppo anche oggi), delle persone che detenevano il potere, non seppero ascoltare quelle voci. E, queste mitiche creature la quale vera patria era la montagna si trovarono gli uni contro gli altri.

L’alpino del ‘900

Tu oh prode Alpino del novecento,
milite ignaro di tanto sgomento,
che per quei monti orgoglioso salivi
e i tuoi fratelli montani aiutavi.

Ignaro allora di tanta sventura
che su quei monti la sorte attendeva,
per l’ingordigia di umani potenti
morto ti vollero sopra quei monti.

Quei tuoi fratelli che prima aiutavi
ora nemici tu li nomavi,
perché i potenti tavean così detto
che non ve un uomo dentro l’elmetto.

Senza paura del combattimento
eri tu folgore nel vento,
che contro il nemico tuo destinato
della tua furia veniva investito.

Ma nel guardare quel elmo morente
in tutto a te rassomigliante,
scrutando sotto quel grigio mantello
lì scorgevi il tuo caro fratello,
che per tua mano come Caino
fosti tu fato del suo destino.


Ti domandavi con sommo stupore
perché son attore di sì tanto orrore,
in questo teatro sì insanguinato
che il Dio sì bello ci aveva donato,
quale cagione si possa invocare
perché questa guerra continuare.

Chi ha mai voluto l’inizio figliare
di sì immane assurdo furore,
che vedean i figli di quei monti belli
uccidersi ignari d’esser fratelli.

Tu invocavi il Dio degli umani
per far cessare quelle guerre immani,
e pei monti orgoglioso ancora salire
e tuoi fratelli oltre aiutare.

Ridargli il senno Dio degli umani,
a quei potenti si tanto stolti ,
perché ancor vivere sopra quei monti
possano in pace le umane genti.

Caro il mio alpino del novecento
al pari tuo è il mio sgomento,
dopo cent’anni di guerre immani
ancora stanchi non siamo gli umani,
che di Caino portiamo il fardello
e ancora uccidiamo il nostro fratello.

Gaetano GULISANO
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